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al testo di Redazione LaRecherche.it
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Se soffio forte, se urlo o se sussurro, se scivolo, qualcosa cambierà nell'universo? un atomo di sabbia diventerà pianeta? il cinguettare del cardellino chiuso tra la fronda viaggerà tra le stelle sopra un'onda?
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La vita dei bicchieri e delle stelle, tutta gentile e tutta risplendente brillante di gas elio o detergente, è quello che noi siamo e non sappiamo, bagliore nello spazio quotidiano, l'immediato presente e il più lontano, è l'esistenza senza alcun confine nell'universo, il gesto luminoso della mano, il raggio che ci sfiora e che si apparta, il cielo che rivela la nostra carne terrena e siderale, lo scompiglio del fiato universale.
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La spirituale trascuratezza delle cose un po' dimenticate, non per sempre ma qualche tempo a se stesse abbandonate, un poco infreddolite e impolverate, la loro permalosa non presenza intenerisce. Cariche d'affetto non chiedono carezze, non lusinghe le fa felici, ma appena strattonate e riportate alla nostra intimità, alla fierezza di dirsi ancora usate, le vedi ardite, già ringiovanite. Le sedie, per esempio, quelle sedie delle quali più non ci accorgiamo, mute presenze, lasciate in qualche parte remota della casa e che ad un tratto per festa o cena son recuperate all'uso primigenio di sedute, senza preavviso e senza allenamento, come eleganti si pongono al servizio dell'ospite imprevisto, come sono cedevoli e gentili, vagamente di sé perplesse, ma subito impegnate a farci accomodare, un poco lente nel ricordare, eppure già preziose nella timida grazia personale.
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Beati si addormentano i cucchiai ripensando alle bocche, ai caldi abbracci timidi e sorseggianti, orizzontali percorsi per le labbra prominenti, la franchezza dei denti, giovinezza del gesto d'equilibrio della mano, il lento approccio verso il fiato umano, la molle cerimonia della lingua che attende abbandonata e consenziente. Si distendono col capo reclinato, rigidi e curvilinei, conservati nell'ombra dei cassetti, tra i colleghi, le forchette i coltelli, addormentati.
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Le sembra tutto facile, che importa all'anima se il muscolo è cadente, il ginocchio traballa, il fiato prende per scorciatoie bizzarre e inconcludenti, la spalla si contorce e si confonde. Per l'anima è possibile nuotare in alto mare, correre in salita, sfidare la tenuta vascolare in impetuose scariche del cuore. Anche quando mi chiede di sognare un precipizio attraente e sessuale, il corpo avverte improvvisa trafittura, un analgesico crampo muscolare.
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Lasciate il vino dentro il mio bicchiere, così parlo di stelle e di comete, scrivo d'amore, insomma le parole sembrano scintillanti universali, si trovano da sole, sanno loro la strada da percorrere. Se invece resto per troppo tempo a bocca asciutta o bevo acqua coi sali minerali, il the freddo magari, l'aranciata, mi sento sano, guadagno in giovinezza, ma perdo in ampiezza di vedute, manovro in ristrettezza, non so altro che offrirmi a malinconiche paludi, dire frasi contorte e penitenti, gentili balbettii di circostanza. Se scelgo l'acqua fresca o la spremuta, sto certo meglio, ma faccio scena muta.
[ Poesie tratte da La vita dei bicchieri e delle stelle, Campanotto Editore ]
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